La gravissima crisi sociale, sanitaria ed economica provocata da Covid-19 (pandemia secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità) pone, tra gli altri, il problema dell’impossibilità di adempiere le obbligazioni contrattuali.

A causa della sospensione di tutte le attività produttive non ricomprese tra quelle essenziali,  attuata sul territorio nazionale, nell’ambito delle misure di contenimento e di contrasto al Coronavirus annunciate dal governo a partire dalla fine dello scorso febbraio ed elencate nel Dpcm del 11 marzo 2020,  molte attività autonome restano chiuse fino al prossimo 13 aprile p.v., salvo proroghe. 

Le rigide restrizioni agli spostamenti e l’urgenza delle misure di attuazione adottate, hanno oltretutto impedito qualunque possibile alternativa alla produzione, con ciò determinando, per il periodo di coinvolgimento, il totale o prevalente azzeramento del fatturato, oltre che un più generale danno all’attività, che comprensibilmente impedisce di poter adempiere con puntualità al pagamento del canone di locazione pattuito, per causa non imputabile al conduttore ai sensi dell’art. 1256 Cc.

Gli istituti giuridici, dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione e della risoluzione del contratto per forza maggiore, rappresentano delle valide garanzie a tutela delle parti contrattuali danneggiate dalla crisi, ma richiedono anche alcuni passaggi obbligati da compiere.

  1. Nel primo caso e per i casi meno gravi, l’impossibilità si traduce in un ritardo del debitore che non comporta una responsabilità produttiva di ulteriori conseguenze negative a suo carico.
  1. Se al contrario l’impossibilità perdura, si estingue l‘impegno giuridico qualora il debitore non  possa eseguire il pagamento per ragioni oggettive  ed il creditore non ha più interesse a riceverla. 

E’ pertanto evidente che se un contratto è stato stipulato in epoca antecedente ai provvedimenti governativi restrittivi delle libertà individuali dovuti al Covid-19   eventuali impossibilità di adempiere le prestazioni contrattuali possono essere giustificate a norma dell’articolo 1256 del codice civile.

Nel caso della risoluzione del contratto per forza maggiore ex art. 1467 Cc ci troviamo nell’ipotesi vicina alla precedente ma stavolta la prestazione è diventata impossibile, nel senso di eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, che hanno modificato i parametri del rischio di impresa. 

In questo caso la parte che ne ha interesse può tuttavia evitare di sciogliere il contratto, offrendo di modificare equamente le condizioni dell’accordo.

E’ plausibile che la situazione di crisi determinata da Covid-19 e dai conseguenziali provvedimenti governativi direttamente incidenti sulle libertà individuali, contenga i caratteri oggettivi della straordinarietà capaci di determinare sia le ipotesi di impossibilità sopravvenute ad eseguire correttamente la prestazione, sia di forza maggiore per sciogliere legami contrattuali o rinegoziarli.

E’ tuttavia determinante provvedere a comunicare nelle forme di legge la situazione e così motivare l’anomalia della posizione per evitare di rischiare una responsabilità per danno. 

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