L’introduzione dell’istituto della mediazione civile con il D.Lgs. 28/2010, in attuazione della Direttiva Ue n. 2008/52, mirava a favorire la realizzare del mercato comune, ma ha anche permesso a ciascun Paese, di trovarne un’applicazione anche interna per scopi diversi, principalmente deflattivi dell’arretrato giudiziario.
L’intuizione non è nuova, al contrario ha una lunga tradizione alle spalle, che risale agli inizi del secolo scorso al prof. Nathan Rescoe Pound, giurista di Harvard, che teorizzò che sensibilizzare la società nei confronti di metodi alternativi di soluzione dei conflitti, corrisponde ad adottare un metodo deflattivo dei contenziosi.
In via generale, quindi la mediazione è uno strumento di autoregolamento tra privati, che assume nell’accordo sottoscritto alla presenza del terzo mediatore, delle parti e degli avvocati, gli stessi effetti giuridici della sentenza passata in giudicato.
A parere di chi scrive, due sono le condizioni che rallentano la diffusione della mediazione civile mancando l’obiettivo di deflazionare in misura decisamente maggiore il sistema giudiziario.
La prima attiene la ragionevole durata del processo. “Se il processo funziona, anche la mediazione funziona”. In altri termini, se il processo rende la Giustizia che gli viene domandata in tempi certi, i criteri predittivi che possono essere simulati nell’ambito della mediazioni civile divengono determinanti a valutare la convenienza di una composizione amichevole del conflitto in via anticipata
La seconda condizione è di tipo culturale ed attiene una differenza di presupposto che sottende il processo e la mediazione. La negoziazione al pari del diritto processuale civile è una scienza complessa, con un implicito comune, il conflitto che origina da interessi contrapposti.
Mentre il diritto oggettiva gli interessi per fornire certezze e li risolve nelle regole da applicare, la negoziazione tende ad individuare gli interessi, i diritti e la forza negoziale delle parti per creare nell’accordo, il valore della dinamica dominante, vale a dire il meglio per sé e per il gruppo.
A ben pensare, la negoziazione è presente nella mediazione civile, quanto nel processo, perché negoziare è una funzione che partecipa allo schema di funzionamento delle relazioni umane, tanto più nella fase del conflitto.
Nel processo la propria ragione è veicolata dalla procedura giudiziaria che la pone su binari prestabiliti. Tutto ciò non vuol dire che la fase negoziale non ci sia, ma l’applicazione ne resta fortemente compressa dal prevalente controllo esercitato dallo schema giudiziario.
Nella nostra esperienza nazionale se, da un lato la negoziazione è una scienza ancora poco esplorata ed il negoziato assume connotati complessi e nuovi che meritano di essere teorizzati, dall’altro essa porta in sé un’ enorme potenzialità ancora inespressa che, nel rispetto dei principi inderogabile del nostro ordinamento, è in grado di fornire con creatività e pragmatismo delle soluzioni significative in altri contesti della giustizia, a cominciare in ambito penale da quella riparativa.
Sabrina Contino
Responsabile scientifico per la formazione